L’alimentazione nella malattia oncologica è questione complessa e controversa. Sebbene linee guida generali e sempre applicabili possano essere tracciate in termini di prevenzione primaria e secondaria, l’approccio dietetico nella malattia in atto và rigorosamente disegnato in funzione di una serie di parametri:
- stato nutrizionale “anabolico-catabolico” del paziente e bilancio azotato
- stadio della malattia e comorbilità
- immunofenotipo;
- diagnosi istologica;
- terapie radio-chemio in atto e/o eseguite
- terapie integrate praticate e/o consigliate;
Ciò considerato, vien da se che nessun alimento e/o nutraceutico risulta rigorosamente escluso “a priori”, ma trova indicazioni specifiche così come si prescrive un farmaco, quando se ne avverta la necessità. La linea guida dunque non possiede e non vuole avere etichetta: non è vegan, vegetariano, alcalino, paleo, gerson, mediterraneo o quant’altro. Può tuttavia essere ognuna di queste cose quando la situazione lo richieda: essa altro non è che l’insieme della moderna (e antica) letteratura, unita alla medicina basata sulle evidenze, costituita dalle molteplici esperienze cliniche e dis laboratorio dei suoi membri. In questa ottica, non esiste, in ultima analisi, nessuna dieta che “curi” il cancro: esiste invece la Manipolazione Nutrizionale, strategie alimentari che si inseriscono a pieno titolo e diritto in quella che oggi prende il nome di “Medicina Oncologica Integrata”.
Negli ultimi anni stiamo assistendo dunque ad una esplosione incontrollata di nuove molecole e metodi anticancro; sebbene ciò sia una realtà di cui non possiamo non accorgerci, è opportuno che qualsiasi terapia integrata sia validata scientificamente, e che non interferisca con le terapie e pratiche convenzionali. Quotidianamente ci capita di confrontarci con pazienti che si curano tramite la rete, integrando la terapia convenzionale con metodi e mode del momento: vitamina C, Essiac, Gerson, artemisina etc. senza la conoscenza della farmacocinetica e dinamica di tali molecole che talvolta interferiscono con la terapia stessa o, nel migliore dei casi, possono rivelarsi totalmente inutili. Questa non è medicina integrata. Essa consiste invece nell’integrazione di un team di professionisti che singolarmente interagiscono secondo la propria competenza verso un fine comune, senza illusioni ma con risultati estremamente significativi. L’alimentazione e l’integrazione così intesa, in associazione ai consueti protocolli chemio e radioterapici, prende il nome Manipolazione Nutrizionale.
Lo scopo ultimo di tale nuova disciplina, è quella di rendere le matrici extracellulari territorio inospitale ed inadatto alla cellula neoplastica, rendendone più difficile la proliferazione, intervenendo sull’espressione di quei oncogeni che sono coinvolti in maniera diretta nella patogenesi o nel mantenimento della malattia. In questo modo l’organismo sarà preparato ad affrontare al meglio il ciclo di trattamento chemio/radioterapico previsto, e soprattutto preserverà o spesso migliorerà la propria massa magra.
Il fine ultimo dunque, è quello di ripristinare o potenziare le fisiologiche vie metaboliche endocellulari, che possono risultare alterate in numerose situazioni. Nel caso della malattia neoplastica, i target su cui andiamo a focalizzare la nostra attenzione sono:
- il livello di androgeni e il controllo degli ormoni;
- i livelli di insulina ed i fattori di crescita insuluno-simili;
- La tolleranza immunologica: supporto al sistema immune
- l’equilibrio del sistema redox delle matrici.
- il controllo dei ritmi circadiani (Psiconeuroendocrinoimmunologia, PNEI);
- La lipidologia e lipidomica.
La “dieta” quindi diventa una vera e propria terapia micronutrizionale per adiuvare le terapie in uso modulando parametri ormonali, citochinici, circadiani nonchè di equilibrio redox.
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